Recensione Eleanor Oliphant Sta Benissimo Di Gail Honeyman |
Buon inizio settimana a voi bellezze!
Oggi sono davvero super felice, ed emozionata di recensire un romanzo che ho adorato. Uno di quei romanzo che, finalmente, hanno un personaggio che difficilmente riuscirete a dimenticare. Uno di quei personaggi così particolari, così complessi, e così belli, che ti rubano il cuore. Beh, Eleanor tu mi hai perfettamente inglobata nel tuo mondo. Andiamo a conoscere meglio di cosa sto parlando.
Eleanor Oliphant Sta Benissimo
Autrice: Gail Honeyman
Editore: Garzanti
Genere: Narrativa Contemporanea
Data di uscita: 17 Maggio 2018
Pagine: 352
Prezzo ebook: 9,99 € | Link acquisto Amazon
Prezzo cartaceo: 15,21 € | Link acquisto Amazon
L’unica cosa che conta è rimanere fedeli a ciò che si è veramente.
Mi chiamo Eleanor Oliphant e sto bene, anzi: sto benissimo.
Non bado agli altri. So che spesso mi fissano, sussurrano, girano la testa quando passo. Forse è perché io dico sempre quello che penso. Ma io sorrido. Ho quasi trent’anni e da nove lavoro nello stesso ufficio. In pausa pranzo faccio le parole crociate. Poi torno a casa e mi prendo cura di Polly, la mia piantina: lei ha bisogno di me, e io non ho bisogno di nient’altro. Perché da sola sto bene.
Solo il mercoledì mi inquieta, perché è il giorno in cui arriva la telefonata di mia madre. Mi chiama dalla prigione. Dopo averla sentita, mi accorgo di sfiorare la cicatrice che ho sul volto e ogni cosa mi sembra diversa. Ma non dura molto, perché io non lo permetto.
E se me lo chiedete, infatti, io sto bene. Anzi, benissimo.
O così credevo, fino a oggi.
Perché oggi è successa una cosa nuova. Qualcuno mi ha rivolto un gesto gentile. Il primo della mia vita. E all’improvviso, ho scoperto che il mondo segue delle regole che non conosco. Che gli altri non hanno le mie paure, non cercano a ogni istante di dimenticare il passato. Forse il «tutto» che credevo di avere è precisamente tutto ciò che mi manca. E forse è ora di imparare davvero a stare bene.
Anzi: benissimo.
Mi chiamo Eleanor Oliphant e sto bene, anzi: sto benissimo.
Non bado agli altri. So che spesso mi fissano, sussurrano, girano la testa quando passo. Forse è perché io dico sempre quello che penso. Ma io sorrido. Ho quasi trent’anni e da nove lavoro nello stesso ufficio. In pausa pranzo faccio le parole crociate. Poi torno a casa e mi prendo cura di Polly, la mia piantina: lei ha bisogno di me, e io non ho bisogno di nient’altro. Perché da sola sto bene.
Solo il mercoledì mi inquieta, perché è il giorno in cui arriva la telefonata di mia madre. Mi chiama dalla prigione. Dopo averla sentita, mi accorgo di sfiorare la cicatrice che ho sul volto e ogni cosa mi sembra diversa. Ma non dura molto, perché io non lo permetto.
E se me lo chiedete, infatti, io sto bene. Anzi, benissimo.
O così credevo, fino a oggi.
Perché oggi è successa una cosa nuova. Qualcuno mi ha rivolto un gesto gentile. Il primo della mia vita. E all’improvviso, ho scoperto che il mondo segue delle regole che non conosco. Che gli altri non hanno le mie paure, non cercano a ogni istante di dimenticare il passato. Forse il «tutto» che credevo di avere è precisamente tutto ciò che mi manca. E forse è ora di imparare davvero a stare bene.
Anzi: benissimo.
Gail Honeyman ha scritto un capolavoro. Un libro che secondo la stampa internazionale più autorevole rimarrà negli annali della letteratura. Un romanzo che per i librai è unico e raro come solo le grandi opere possono essere. In corso di pubblicazione in 35 paesi, è il romanzo d’esordio più venduto di sempre in Inghilterra, dove è da più di un anno in vetta alle classifiche. Ha vinto il Costa First Novel Award e presto diventerà un film. Una protagonista in cui tutti possono riconoscersi. Una storia di resilienza, di forza, di dolore, di speranza. Un grande romanzo con una grande anima.
autrice
Gail Honeyman è nata e cresciuta in Scozia, ora vive a Glasgow, e fin dai tempi della scuola la scrittura per lei è stata non solo un’attitudine ma un sogno. Un sogno che ha custodito e coltivato per anni. Un sogno che è diventato un progetto a cui ha dedicato tutto il suo tempo: dalle pause pranzo alle notti di ispirazione. Quel progetto è Eleanor Oliphant sta benissimo, che oggi è un caso editoriale eccezionale, un bestseller venduto in 35 paesi.
recensione
Lei: Eleanor Oliphant, impiegata, senza amici, con il volto sfigurato.
Lui: Raymond Gibbons, informatico nella stessa società di Lei, gentile, cordiale, anche un po’ insistente.
Quando ho letto la trama di questo romanzo mi sono subito detta: ‘Eleonora leggilo perché questo libro ti lascerà qualcosa’. E così è stato. Poi obiettivamente la protagonista si chiama come me, potevo mai lasciarmelo scappare? Ovviamente no 😉
Pensate che sia impossibile? E invece è vero. Io esisto, no? A volte ho la sensazione di non trovarmi qui e di essere un frammento della mia immaginazione. Ci sono giorni in cui i miei legami con la terra mi sembrano così labili che i fili che mi tengono fissata al pianeta sono sottili come una ragnatela, come zucchero filato. Una violenta folata di vento potrebbe staccarmi del tutto, sollevandomi e facendomi volare via, come un seme di tarassaco.I fili si stringono un po’ dal lunedì al venerdì. La gente chiama in ufficio per discutere delle linee di credito, mi manda e-mail sui contratti e sui preventivi. Se non mi facessi viva, i colleghi con cui condivido l’ufficio – Janey, Loretta, Bernadette e Billy – se ne accorgerebbero. Dopo qualche giorno (e spesso mi sono chiesta dopo quanti) si preoccuperebbero perché non ho avvertito che sono malata (non sarebbe da me) e pescherebbero il mio indirizzo dagli archivi del personale. Suppongo che alla fine chiamerebbero la polizia, no? Gli agenti butterebbero giù la porta d’ingresso? Mi troverebbero, coprendosi la faccia e trattenendo i conati per la puzza? In ufficio avrebbero qualcosa di cui parlare. Mi odiano, ma in realtà non mi vogliono vedere morta. O almeno non credo.
Eleanor è uno di quei personaggi che ti rimarranno impressi. Partiamo dal presupposto che ha avuto un passato davvero traumatico, ma non vi dirò nulla perché dovrete scoprirlo da soli. Lei è una specie di ‘vergine’ dei rapporti. È sempre stata isolata dai suoi coetanei e colleghi, etichettata come quella stramba, che dirà le cose sbagliate al momento sbagliato. Ma lei seriamente non sa davvero come ci si comporta. Inizierà ad imparare quando incontrerà Lui.
«Quello che devi fare, Eleanor», disse, «è prendere il toro per le corna. Capisci cosa voglio dire?»«Penso di sì», sussurrai.«Ti sto semplicemente dicendo che devi smetterla di menare il can per l’aia. Nella vita quel che conta è agire con decisione, tesoro. Qualunque cosa tu voglia fare, falla... qualunque cosa tu voglia prendere, allunga la mano e prendila! Qualunque cosa tu voglia far finire, FINISCILA. E sopportane le conseguenze.»Cominciò a parlare piano, con voce così bassa che quasi non la sentivo. Per esperienza, sapevo che questo non prometteva niente di buono.«Quest’uomo...» mormorò. «Sembra che quest’uomo abbia del potenziale ma, come la maggior parte delle persone, sarà un debole. Ciò significa che tu dovrai essere forte, Eleanor. La forza conquista la debolezza... è un semplice fatto della vita, non credi?»«Immagino di sì», risposi mettendo il broncio. Infantile, lo so, ma la mamma tende a tirare fuori il peggio di me. Il musicista era molto bello e aveva un gran talento. Non appena posato lo sguardo su di lui avevo capito che eravamo destinati a stare insieme. La sorte avrebbe provveduto. Non serviva che io... agissi con decisione, a parte assicurarmi che le nostre strade s’incrociassero ancora... Una volta che ci fossimo conosciuti come si deve, il resto era sicuramente già scritto nelle stelle. Temevo che la mamma non avrebbe apprezzato questo metodo, ma ci ero più che abituata. La sentii inspirare, poi espirare, e avvertii una tenue minaccia aleggiare nell’etere.«Adesso non lasciarti distrarre, Eleanor... Non ignorare la mamma, d’accordo? Oh, ora pensi di essere intelligente, non è vero, con il tuo lavoro e i tuoi nuovi amici. Ma non sei intelligente, Eleanor. Tu deludi sempre la gente. Di te non ci si può fidare, sei una fallita. Oh, sì, so esattamente che cosa sei. E so come finirai. Senti, il passato non è passato, il passato è una cosa viva. Quelle belle cicatrici che hai... sono una cosa del passato, giusto? Eppure vivono ancora sul tuo visino insulso. Ti fanno ancora male?»Scrollai la testa, ma non dissi nulla.«Oh sì... Lo so che ti fanno male. Ricordati come ti sono venute. Ne è valsa la pena? Per lei? Ah, sull’altra guancia hai ancora spazio per altre ferite, non è vero? Porgi l’altra guancia alla mamma, Eleanor, da brava.»Dopodiché vi fu solo silenzio.
Raymond è davvero adorabile e gentile. Sempre pronto ad aiutare gli altri. Incontrerà la nostra Eleanor a causa di un guasto al suo pc. Fin dal primo momento capirà che lei sarà un personaggio davvero stravagante. Soprattutto considerando che lei non riuscirà proprio a mettere un filtro tra la sua bocca e il suo cervello. Pian piano capirà che quello che può passare per freddezza e poca sensibilità, in realtà sarà dovuto al passato davvero triste e solitario della ragazza.
Decisi di prendermi tutto il tempo per prepararmi e mi guardai attentamente allo specchio mentre l’acqua della doccia si scaldava. Sarei mai potuta diventare la musa di un musicista? E poi, che cos’era una musa? Naturalmente conoscevo il riferimento classico, ma in termini pratici, moderni, sembrava che la musa fosse semplicemente una donna attraente con cui l’artista voleva andare a letto.Pensai a tutti quei dipinti: fanciulle voluttuose distese nel loro prosperoso splendore, ballerine snelle dagli enormi occhi limpidi, bellezze annegate in abiti bianchi aderenti circondate da fiori galleggianti. Io non ero né prosperosa né snella. Avevo una taglia normale e un volto normale (o, per lo meno, da un lato). Mi chiesi se gli uomini si guardino mai allo specchio, e trovino in sé stessi dei difetti fondamentali. Quando aprono un giornale o guardano un film, s’imbattono unicamente in uomini giovani di eccezionale bellezza che li intimidiscono facendoli sentire inferiori perché non sono altrettanto giovani e belli? Poi leggono articoli che ridicolizzano quegli stessi uomini belli se acquistano peso o indossano qualcosa che non gli dona?Naturalmente erano domande retoriche.Mi osservai di nuovo. Ero in salute e il mio corpo era forte. Avevo un cervello che funzionava bene e una voce, benché non melodiosa, perché il fumo inalato tutti quegli anni fa aveva irreparabilmente danneggiato le mie corde vocali. Avevo capelli, orecchie, occhi e una bocca. Ero una femmina di essere umano, né più né meno.Persino la parte della mia faccia da fenomeno da baraccone – la metà danneggiata – era meglio dell’alternativa, cioè morire in mezzo al fuoco. Non mi sono ridotta in cenere, ma sono emersa dalle fiamme come una piccola fenice. Sfiorai la cicatrice con il dito, accarezzandone i contorni. “Non sono bruciata, mamma”, pensai. “Ho attraversato il fuoco e sono sopravvissuta.”Sul mio cuore ci sono cicatrici altrettanto spesse e deturpanti di quelle che ho in viso. So che ci sono. Spero che resti un po’ di tessuto integro, una chiazza attraverso la quale l’amore possa penetrare e defluire. Lo spero.
Nascerà dunque tra i due un rapporto davvero strano. Fatto di pranzi in cui a volte non parleranno, di uscite in cui lei capirà come comportarsi con gli altri, e soprattutto di dolcezza. Con Raymond lei capirà quali saranno i gesti di dolcezza, come anche un semplice tocco sulla spalla per confortarla. E saranno proprio questi momenti che mi hanno davvero toccato il cuore, capire e sentire i suoi sentimenti, di come si sentirà per la prima volta importante per qualcuno, mi ha davvero toccato. E va bene! Fatto anche commuovere con qualche lacrimuccia.
Sbattei le palpebre, ripetutamente, come se i miei occhi stessero cercando di sgomberare la visuale, e un’immagine si cristallizzò.Ero una donna di trent’anni che si era presa una cotta adolescenziale per un uomo che non conosceva e non avrebbe mai conosciuto. Mi ero convinta che fosse quello giusto, che mi avrebbe aiutato a diventare normale, ad aggiustare le cose sbagliate della mia vita. Qualcuno che mi avrebbe aiutato ad affrontare la mamma, a respingere la sua voce quando mi sussurrava all’orecchio che ero cattiva, che ero sbagliata, che non ero abbastanza brava. Perché l’avevo creduto?Non poteva essere attratto da una donna come me. Obiettivamente era un uomo molto affascinante e quindi poteva scegliere tra una vasta gamma di potenziali partner. Avrebbe scelto una donna altrettanto attraente, di qualche anno più giovane di lui. Ovviamente. Mi trovavo in un seminterrato, un martedì sera, da sola, circondata da estranei, e ascoltavo una musica che non mi piaceva perché avevo una cotta per un uomo che non sapeva – e mai avrebbe saputo – che io esistevo.
Ma non è un romanzo in cui ci sarà solo tristezza! Anzi. Adorerete i momenti in cui Eleanor dirà cose che davvero vi faranno rimanere con la bocca aperta. E fidatevi di me ce ne saranno tante. È un romanzo che rimane, che commuove, che fa sorridere e ridere, che vi farà cercare la speranza per questa ragazza a cui la vita toglierà tantissimo, vi farà innamorare dei personaggi. Ma soprattutto sentirete la mancanza di questa stramba coppia che più diversa non potrà essere. Insomma, un romanzo che se non leggerete, ve ne pentirete davvero! Infatti, la mia valutazione finale non potrà che essere 5 principesse.
«Mamma, ti prego!» esclamai. Lei ridacchiò.«Che cosa c’è che non va, Eleanor? Ti metto in imbarazzo? Che strana figlia sei! Lo sei sempre stata. Difficile da amare, ecco cosa sei. Molto difficile da amare.»La sua risata si affievolì trasformandosi in un colpo di tosse prolungato e sofferente.«Cristo», brontolò, «comincio a sfasciarmi.»Per la prima volta da che mi ricordassi, sentii una nota di tristezza nella sua voce.«Non stai bene, mamma?» chiesi.Lei sospirò.«Oh, sto bene, Eleanor. Parlare con te mi rivitalizza sempre.»Guardai il muro, in attesa dell’attacco. Sentivo quasi che raccoglieva le forze, pronta a colpire.«Tutta sola, non è vero? Nessuno con cui parlare, nessuno con cui giocare. Ed è solo colpa tua. La strana piccola Eleanor. Troppo intelligente, non è così? Lo sei sempre stata. Eppure... per molti aspetti sei incredibilmente, spettacolosamente stupida. Non vedi qualcosa che hai proprio sotto il naso. O forse dovrei dire qualcuno...»Tossì di nuovo. Non osavo respirare, in attesa di quello che sarebbe arrivato dopo.«Ah, sono così stanca di parlare. Ora tocca a te, Eleanor. Se tu avessi almeno un minimo di savoir-faire sociale, sapresti che la conversazione dovrebbe essere un va-e-vieni, una partita di tennis verbale. Non ti ricordi che te l’ho insegnato? Quindi, dai, dimmi che cosa hai fatto questa settimana.»Non dissi niente. Non ero certa che sarei riuscita a parlare.Continuò: «Devo ammettere che sono rimasta sorpresa quando mi hai detto che ti avevano promosso sul lavoro. Sei sempre stata più una gregaria che una leader, non è vero, tesoro?».Dovevo dirle che ero a casa in malattia? Recentemente ero riuscita a evitare di parlare di lavoro, ma adesso aveva sollevato lei l’argomento. Sapeva già della mia assenza e quindi mi tendeva una trappola? Cercai di pensare su due piedi, ma è una cosa che non sono mai stata brava a fare. Troppo lenta, Eleanor, troppo tardi...«Mamma, non... non sono stata bene. Al momento sono a casa dal lavoro. Sono in malattia per un po’.» Sentii un respiro profondo. Era scioccata? Preoccupata? Emise un altro respiro, che s’infilò nel telefono e poi nel mio orecchio, pesante e veloce.«Così va meglio», disse, sospirando felice. «Perché diavolo masticare tabacco quando si può fumare una buona, deliziosa Sobranie?»Fece un altro tiro profondo dalla sigaretta e riprese a parlare, con un tono, se possibile, ancora più scocciato di prima.«Senti, non ho molto tempo, quindi tagliamo corto. Che cosa c’è che non va, tanto da farti scansare il lavoro? È una cosa seria? Rischi la vita? Una malattia terminale?»«Ho una depressione clinica, mamma», buttai fuori tutto d’un fiato.Lei grugnì.«Quante scemenze!» esclamò. «Non esiste una cosa del genere.»Ripensai a quello che avevano detto Raymond e il mio medico curante, e a com’era stato gentile e comprensivo Bob. Sua sorella aveva avuto la depressione per anni, mi aveva detto. Io non ne sapevo nulla.«Mamma», insistetti nel tono più provocatorio possibile, «soffro di depressione clinica. Sto andando in terapia ed esploro quello che è accaduto durante la mia infanzia, e...»«NO!» gridò, così forte e all’improvviso che feci un passo indietro. Quando ricominciò a parlare, era calma... pericolosamente calma.«Stammi a sentire, ora, Eleanor. In nessuna circostanza devi discutere della tua infanzia con nessuno, soprattutto non con un cosiddetto “terapeuta”. Mi hai sentito? Non osare. Ti avverto, Eleanor. Se imbocchi questa strada, sai cosa succederà? Sai che cosa farò? Io... io...»Silenzio di tomba.
Pazzeschissimi miei vi saluto, mi raccomando non lasciatevelo scappare. Vi abbraccio.
Eleonora ❤
La mia valutazione finale è una principessa:
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